Conclusione: facce perlesse, libri abbandonati, letture interrotte. Ma andiamo con ordine.
Il primo libro scelto era "Per Isabel, un mandala" romanzo postumo di Sergio Tabucchi.
Il Mandala rappresenta, secondo i buddhisti, il processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente. Questi vengono tracciati a terra con polveri colorate oppure dipinti, in infinite varietà di forme e sono da sempre utilizzati da guide spirituali, sciamani e guaritori come strumento di meditazione e fonte di saggezza. Al termine del lavoro, dopo un certo periodo di tempo, il mandala viene semplicemente "distrutto", spazzando via la sabbia di cui è composto. Questo gesto vuole ricordare la caducità delle cose e la rinascita, essendo la forza distruttrice, anche una forza che dà la vita.
Con questo stesso spirito, il romanzo narra la storia della ricerca di un'amica del protagonista, persa di vista molti anni prima. La storia procede a cerchi concentrici, proprio come un mandala che racchiude arcani e rivelazioni, è un cercare che potrebbe essere infinito e invece a un dato tratto trova la sua soluzione. Isabel è rincorsa da un altro luogo ad un altro, da un fatto all'altro, dove il protagonista cerca e incontra le persone che in qualche modo avevano avuto a che fare con Isabel finchè, nell'ultimo capitolo, i due si incontrano o forse no.... non si capisce bene perchè questo è un romanzo molto "mistico", ai confini con l'assurdo.
Giudizio: sospeso nel senso che è indefinibile.
Il secondo libro era un saggio, "La nobiltà di spirito" di Rob Rieman.
Non che il libro fosse sciocco, anzi! Non che il libro non avesse nulla da dire ma io preferisco i romanzi, a costo di sembrare superficiale. In La nobiltà di spirito Rob Riemen si sforza di mettere in salvo il messaggio di queste grandi fi gure “inattuali” per legarle al nostro travagliato presente, ricostruendo una genealogia spirituale che va dall’Atene di Pericle all’Europa dei totalitarismi. Ripercorre una catena di esistenze esemplari spese alla ricerca di una libertà che non sia arbitrio, ma aspirazione a una vita giusta; di una saggezza che non sia erudizione, ma inseguimento dell’assoluto pur nell’imperfezione della conditio humana; di un coraggio che non sia vanagloria, ma forza di lottare per gli ideali intramontabili dell’umanesimo occidentale. E ci invita a riflettere sulle radici della tradizione europea, per riappropriarci di un’eredità in pericolo, e credere di nuovo nella cultura intesa come unico rimedio all’atrofi a morale e intellettuale. [dal sito della Rizzoli]
Comunque io non l'ho finto, mi sono affidata a Pennac che, nel suo decalogo del lettore, sentenzia che i libri si possono anche abbandonare.
Per il prossimo appuntamento, abbiamo fatto le cose per bene, scegliendo il romanzo che potesse consolarci quindi stiamo per leggere ...
"Le cose che non ho" di Gregoire Delacourt
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