giovedì 16 giugno 2011

Quando anche la risposta è precaria


Quello che doveva essere un convegno sui “giovani innovatori” e le prospettive per il nuovo mondo del lavoro si è rivelato, senza nemmeno troppa sorpresa, l’ennesima conferma della incapacità del Governo di rispondere alla situazione di crisi occupazionale che sta vivendo il nostro Paese. Terminato il suo intervento, il Ministro Brunetta riceve la richiesta, da parte di due presenti in sala, di rispondere ad una domanda. Contrariato dal “fuori programma”, l’aitante ministro si affretta a precisare che avrebbe risposto soltanto qualora la signora in sala si fosse identificata. Prontamente, la stessa si reca sul palco, identificandosi: membro della “Rete precari della pubblica amministrazione”.
Senza sentire altro, il gentil Ministro si allontana dalla sala, rivolgendosi ai presenti con le seguenti, testuali, parole: “Siete la peggiore Italia, arrivederci e grazie”. E con passo deciso si avvia verso la sua auto blu, con la scorta impegnata a spostare dalla vista del Ministro i precari che protestavano.
Un comportamento che, a prescindere dall’orientamento politico di ognuno, lascia alquanto perplessi e sconcertati. E ciò, senza voler entrare nel merito della domanda che mai avremo modo di conoscere, per due motivi.
*** Il primo perché un Ministro della Repubblica, al termine di un intervento pubblico, si rifiuta di ascoltare (e figuriamoci rispondere) la domanda che un intervenuto tra il pubblico vuole porre, per il solo motivo che si è identificato come “precario della P.A
*** Il secondo motivo sta nel comportamento sfuggente del Ministro che, senza alcuna motivazione, definisce i precari del settore pubblico “la peggiore Italia”. Cosa volesse intendere con questa affermazione non ci è dato saperlo. Di certo le parole pronunciate, unitamente al suo atteggiamento strafottente, sono state oltremodo offensive e provocatorie nei confronti dei presenti e di tutti i lavoratori della Pubblica Amministrazione
L’idea di democrazia trova linfa vitale anche in queste “piccole” cose, ovvero nella capacità di ascoltare i problemi del Paese e di darvi risposta. Se entrambe le cose risultassero così difficili, ci potremmo accontentare che almeno le domande venissero ascoltate.
Forse, ci vorrebbe un referendum anche sull’educazione dei Ministri.

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