mercoledì 27 gennaio 2010

Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?

"Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?"
E' una di quelle domandi pesanti in cui viene richiesta la complicità dell'interlocutore. Un quesito breve che supplica comprensione, fa balenare la fragilità e la debolezza umana, non solo di chi parla, ma soprattutto di chi ascolta.
"Avevo paura, sono scappato... Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Nessuno mi vedeva, l'ho fatto.. Lei cosa avrebbe fatto al mio posto?"
Ma il vecchio signore che me la poneva, non cercava comprensione o scusanti. Al contrario, stava cercando di dirmi che tutti, nella maniera più naturale, avrebbe dovuto comportarsi come si era comportato lui.[...]
Un giorno qualunque del 1987, Giorgio Perlasca trovò nella casella postale una lettera che arrivava dalla Germania e così apprese che era stato "scoperto".


Così inizia "La banalità del bene" di Enrico Deaglio, un libricino di davvero poche pagine ma che racconta una storia straordinaria, la vicenda di un uomo che non si è arreso perchè la sua coscienza gliel'ha impedito, un uomo che, dopo aver combattuto per il Fascismo in Africa e nella Spagna di Franco, si trovò a combattere la sua personale guerra "dall'altra parte", aiutando quante più persone gli fu possibile.
Come? Con un banale stratagemma, fingendosi console spagnolo per soli 45 giorni e dando la cittadinanza a circa 5200 ebrei, salvandoli in questo modo dai campi di prigionia e dalle fucilazioni sommarie, sulle rive del Danubio di Budapest si trova il "monumento delle scarpe", un vero colpo al cuore.
Il bene può sembrare banale ma così non fu, tanto che l'eroe umano di questa storia, ha un suo personale posto nel giardino dei Giusti "Yad Vashem" a Gerusalemme, tante davvero tante le onoreficenze ricevute, ha parlato anche all'Assemblea Generale dell'ONU, ma il suo paese, l'Italia, lo riconobbe solo nel 1992.

Non conoscevo nulla di questo eroe finchè, durante una gita, non siamo stati a visitare la sinagoga di Budapest e lì, per terra, nel giardino, ai piedi di un enorme salice piangente in metallo, su una lastra di marmo nero, circondata da sassi, come si usa nei cimiteri ebraici, una fila di nomi e, fra gli altri, Giorgio Perlasca.

Oggi, nel giorno della Memoria, ricordiamo chi morì nei campi di concentramento ma anche coloro che si opposero allo sterminio, color che ebbero il coraggio di guardare negli occhi i propri simili, vedere la disperazione di un popolo, e scoprirsi eroi in modo del tutto inaspettato e rendersi conto che... non c'era altro da fare.
Ogni volta che arriva il 27 Gennaio si ricorda questa follia che da pochi contagiò molti, rendendoli complici di uno dei più efferati crimini contro l'umanità.
Perchè facciamo questo?
Perchè le giovani generazioni sappiano perchè chi non conosce la storia è destinato a riviverla. Facciamo questo anche per noi, perchè non dimentichiamo che, in nome di una razza superiore o di una religione superiore, i genocidi non sono finiti... purtroppo... la crudeltà dell'uomo verso i propri simili sembra essere senza fine.
Per saperne di più su questo eroe, clicca sull'immagine precedente.

“Vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere”.
Giorgio Perlasca (intervista di Giovanni Minoli per Mixer 1990)

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