Il Pakistan è un paese complicato, dove le diverse forze armate esterne ne hanno minato la credibilità a livello internazionale. Tutti, prima i russi, poi gli americani e infine i talebani hanno usato e usano questo territorio come valvola di sfogo per conflitti che hanno origine sempre altrove, lasciando la popolazione civile, le vere vittime della guerra, ferita, mutilata e derubata anche della dignità umana. Dell'alluvione in Pakistan se sentiamo parlare tutte le sere nel TG ma questo sembra non scalfire il clima di forzata euforia per le ferie, appena trascorse o di imminente arrivo.
Anche la solidarietà è andata in ferie?
Di fronte a questa catastrofe naturale, gli enti internazionali si domandano come e quando intervenire nel dubbio che se dare generosamente non generi nuovi terroristi. Il Pakistan è in fatti da sempre associato alla figura di Bin Laden ma pochi conoscono nel profondo la realtà di questo paese che, come molti altri dell'orbita mediorientale, è dilaniato fra tradizione e modernità. Intanto i grandi della Terra discutono e gli aiuti non arrivano a coloro che ne hanno davvero bisogno.
Sfogliando la stampa il grido di scandalo è unamine. La Repubblica titola "Pakistan, nell'inferno del fango. Le Ong alla battaglia di cibo e acqua" un articolo che denuncia come la situazione, a 15 giorni dall'alluvione, non vede soluzione anzi la situazione continua di ora in ora ad aggravarsi a causa delle numerose frane che hanno destabilizzato il terreno. Il Corriere scrive "Gli sfollati del Pakistan e la solidarietà dimenticata" mettendo a confronto come le diverse catastrofi occorse in questi siano siano state gestite e percepite dalla comunità internazionale. Il pezzo della Stampa di Torino dal titolo "Alluvioni in Pakistan: studiarne le cause e dare (subito!) una mano" contiene un'analisi su come questi eventi siano collegati al riscaldamento climatico e all'incoscienza umana mentre solo molti i giornali esteri (il Times di Londra in testa) a domandarsi se questi aiuti non andranno a foraggere le scuole per terroristi.
Molta ignoranza senza dubbio e molti preconcetti ora ci riempiono la testa ma le popolazioni colpite hanno bisogno di tutto, dall'acqua potabile a un tetto sopra la testa. Se volete contribuire fatelo! Scegliete l'organizzazione che più vi dà fiducia, dalla Caritas alla Croce Rossa, dal CESVI e ad Emergency, dall'UNICEF all'UNHCR (l'ente delle Nazioni Unite per i rifugiati), e donate a seconda quanto il vostro cuore suggerisce, l'equivalente di un caffè o di una pizza posso fare la differenza.
E poi combattete l'ignoranza di cui siamo avvolti e in cui ci hanno avvolti, leggendo e leggendo di questi territori così di confine e non solo geografico. Vi suggerisco un bel libro che ho acquistato dopo averne letto la recensione sulla rivista del CAI, "Tre tazze di the" di Greg Mortenson, la storia di un uomo che, come recita il sottotitolo del libro, ha sconfitto il terrorismo una scuola alla volta.
PS: cliccando sull'immagine iniziale potete vedere altre immagini della tragedia definita da Ban Ki-moon, il segretario generale dell'ONU, uno "tsunami al rallentatore".
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